l proprietario di un immobile, al fine di migliorare la rendita economica derivante dal proprio bene, o per specifiche esigenze, potrebbe decidere di modificare la destinazione d’uso del proprio immobile (es. da commerciale a residenziale).
Tale operazione però non è sempre possibile, in quanto le varie tipologie di immobili hanno evidentemente caratteristiche diverse e devono seguire specifiche normative per assicurarne l’utilizzo cui sono destinate (gli immobili con destinazione d’uso residenziale infatti devono rispondere a stringenti norme in materia di superfici, dotazioni ad uso servizi, aperture per luci ed aria), ed anche quando l’operazione sia tecnicamente possibile, si dovrà tener conto di questo previsto dagli strumenti urbanistici comunali e dei regolamenti edilizi.
Pertanto, dovranno essere osservate specifiche procedure proprio per assicurare la rispondenza alle normative, sia sotto il punto di vista formale che sostanziale.
Cambio di destinazione d’uso, la disciplina vigente
E’ fondamentale partire come per ogni tipologia di intervento da realizzare su un immobile dal Testo Unico in materia edilizia (DPR 06.06.2001 n. 380, Testo Unico in materia edilizia), il quale all’art. 23 ter indica quale mutamento rilevante della destinazione d’uso “ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unita’ immobiliare diversa da quella originaria, ancorche’ non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, purche’ tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unita’ immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale”, categorie elencate dallo stesso articolo (residenziale, commerciale, rurale, turistico-ricettiva, produttiva).
Quindi, individuata la destinazione d’uso del nostro immobile, secondo il suo stato legittimo ex art. 9bis comma 1-bis, dovrà valutarsi se gli strumenti urbanistici comunali permettano tale modifica, in virtù delle caratteristiche dell’immobile stesso (e pertanto sarà necessario rivolgersi ad un professionista che valuterà gli interventi necessari a permettere il cambio di destinazione d’uso).
Cambio di destinazione d’uso, la classificazione dell’intervento
Al fine di seguire il corretto iter dal punto di vista edilizio, e quindi dobbiamo fare riferimento sempre alla classificazione degli interventi secondo l’art. 3 del DPR 380/2001; questa disposizione include il cambio di destinazione d’uso tra gli “interventi di restauro e di risanamento conservativo” (art.3 comma 1 lett. c), definiti come opere finalizzate a “conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalita’ mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano anche il mutamento delle destinazioni d’uso purche’ con tali elementi compatibili, nonche’ conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi”.
L’individuazione della categoria d interventi nel quale rientra la nostra modifica della destinazione d’uso è fondamentale perchè permette di individuare il titolo abilitativo edilizio necessario per la realizzazione dei lavori, e di seguire il relativo iter al fine di non incorrere in una fattispecie di non conformità edilizia a conclusione dell’intervento.
Cambio di destinazione d’uso, il titolo abilitativo necessario per realizzare i lavori
Avendo inviduato l’intervento quale “restauro e risanamento conservativo”, si dovrà operare una Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata (CILA) ai sensi dell’art. 6-bis del T.U. Edilizia sotto questa dicitura non si cela altro che una comunicazione che l’interessato deve presentare ai preposti uffici comunali, cui andranno allegati sia il progetto, che una asseverazione, redatta da professionista abilitato, il quale attesti che l’intervento da realizzarsi sia conforme agli strumenti urbanistici, i regolamenti edilizi, le norme in materia di sicurezza sismica e di efficientamento energetico, e che non siano realizzati interventi strutturali.
In quest’ultimo caso infatti (realizzazione di interventi strutturali sull’edificio) dovrà prodursi una Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. b) del Testo Unico.
Va tenuto presente inoltre che l’eventuale variazione del carico urbanistico che può comportare tale operazione rende necessario il versamento degli oneri di urbanizzazione al Comune, che variano a seconda della tipologia di destinazione d’uso e delle disposizioni comunali.
A completamento dei lavori dovrà essere effettuata l’opportuna variazione catastale, dichiarando la nuova destinazione d’uso, al fine di ottenere la nuova categoria catastale ed il relativo valore per l’immobile.
Cambio di destinazione d’uso, le agevolazioni fiscali
L’intervento consistente nel cambio di destinazione d’uso può fruire delle agevolazioni fiscali previste dall’art. 16-bis, comma 1, lett. b), con una detrazione pari al 50% delle spese sostenute fino ad un massimale di euro 96.000.
Essendo la detrazione destinata ad interventi su immobili ad uso residenziale, va precisato però nel caso di intervento che vada a mutare la destinazione d’uso la detrazione potrà operare solo nel caso in cui l’immobile al termine dei lavori presenterà una destinazione d’uso abitativa (Circolare Agenzia delle Entrate n. 7/E del 27.04.2018, anche se ricomprende tale precisazione nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia).
Ai sensi dell’art. 121 del Decreto Legge n. 34 del 19.05.2020, è inoltre possibile, per le spese sostenute fino al 31.12.2021, operare la cessione del credito fiscale, anche con la modalità dello sconto in fattura, operata dal fornitore che realizza i lavori, in alternativa all’utilizzo diretto della detrazione.