È usuale che in molti condomini sia presente il così detto sottotetto ossia quella parte dell’edificio compresa tra il solaio dell’ultimo piano e, per l’appunto, lo stesso tetto.
A seconda delle circostanze è usuale sentire nominare questa parte come mansarda, soffitta, ecc.
Il codice civile non specifica se questa porzione dello stabile debba essere considerata comune o meno o meglio chiarisce che il sottotetto è condominiale quando sia destinato, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune.
Sottotetto, condominialità e giurisprudenza
Ciò pertanto fa si che in mancanza di precisi e specifici riferimenti negli atti d’acquisto la condominialità o meno del sottotetto va valutata in ragione della funzione.
La giurisprudenza pre e post riforma (che ha inserito un riferimento al sottotetto nell’art. 1117 c.c.) si è spesso pronunciata sulla natura condominiale o meno del sottotetto.
Il passaggio di consegne tra amministratori di condominio
Stante la vaghezza della norma oggi vigente, il richiamo a precedenti giurisprudenziali antecedenti la così detta riforma non è fuor di luogo.
Com’è facile leggere in molte pronunce della Suprema Corte di Cassazione “l’appartenenza del sottotetto (non indicato nell’art. 1117 c.c. tra le parti comuni dell’edificio) si determina in base al titolo ed in mancanza in base alla funzione cui esso è destinato in concreto.
Pertanto, ove trattisi di vano destinato esclusivamente a servire da protezione dell’appartamento dell’ultimo piano esso ne costituisce pertinenza e deve perciò considerarsi di proprietà esclusiva del proprietario dell’ultimo piano, mentre va annoverato tra le parti comuni se è utilizzabile, anche solo potenzialmente, per gli usi comuni, dovendosi in tal caso applicare la presunzione di comunione prevista dalla norma citata, la quale opera ogni volta che nel silenzio del titolo il bene sia suscettibile, per le sue caratteristiche, di utilizzazione da parte di tutti i proprietari esclusivi” (Cass. 19 dicembre 2002, n. 18091).
Posto che la funzione o l’atto d’acquisto pongano il sottotetto (comunque nominato) tra le cose di pertinenza esclusiva del proprietario dell’ultimo piano dell’edificio lasciando, invece, ai sensi dell’art. 1117 n. 1 c.c. il tetto tra le cose di proprietà comune, come si pone il proprietario della soffitta rispetto agli altri condomini in relazione all’uso della copertura dell’edificio?
Sottotetto e passaggio per l’apposizione di antenne
La soluzione al quesito non è di poco conto in considerazione del fatto che molto spesso è proprio sul tetto che risulta necessario montare le antenne radiotelevisive.
Come si agisce in questi casi?
La riposta più immediata, solitamente, è quella di verificare se negli atti d’acquisto sia costituita, in favore dei condomini una servitù di passaggio per il sottotetto al fine di accedere al tetto di proprietà comune.
Ricordiamo che, ai sensi dell’art. 1027 c.c.,. la servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario”.
Sebbene relativamente alla servitù di passaggio (art. 1051 c.c.) si parli solo specificamente in relazione alla pubblica via non v’è motivo per dubitare che la stessa disposizione possa essere applicata anche in relazione alle parti d’un edificio in condominio.
La stessa norma appena citata, però, pone un’eccezione, ossia specifica che dal passaggio coatto “sono esenti da questa servitù le case, i cortili, i giardini e le aie ad esse attinenti”.
Come specificato dal consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità “l’esenzione prevista dall’art. 1051 c.c., comma 4 – in favore di case, cortili, giardini ed aie ad esse attinenti – opera nel solo caso in cui il proprietario del fondo intercluso abbia la possibilità di scegliere tra più fondi, attraverso i quali attuare il passaggio, di cui almeno uno non sia costituito da case o pertinenze delle stesse. La norma indicata non trova invece applicazione allorché il rispetto dell’esenzione comporterebbe l’interclusione assoluta del fondo, e quindi un pregiudizio maggiore del disagio costituito dal transito attraverso cortili, aie, giardini e simili (ex plurimis, Cass. 25/05/2016, n. 10857; Cass. 03/08/2012, n. 14102; Cass. 15/05/2008, n. 12340; Cass. 26/05/2003, n. 8303)” (Cass. 30 settembre 2020 n. 20875).
Detta diversamente: laddove il passaggio dovesse rendersi necessario essendo l’unico possibile ed il proprietario del sottotetto configurante in questo caso fondo servente non volesse concederlo sarebbe nel diritto di chi ne ha bisogno ottenere la costituzione giudiziale d’una servitù.
Qualunque sia il modo di costituzione della servitù essa, per essere opposto ai successivi acquirenti (salvo sempre la possibilità di dimostrarne l’usucapione), deve essere trascritta presso la conservatoria dei pubblici registri immobiliari.
Apposizione di antenne, sottotetto e codice delle comunicazioni elettroniche
Al di là delle norme generali dettate in materia di servitù in relazione al passaggio, ve ne sono altre, quelle contenute nel codice delle comunicazioni elettroniche che, seppur nel rispetto della proprietà soggetta alla limitazione, determinano un significativo onere in capo all’eventuale fondo servente in materia di passaggi di persone, cavi e impianti.
Recita l’art. 91 commi da secondo a quarto:
“Il proprietario od il condominio non può opporsi all’appoggio di antenne, di sostegni, nonché al passaggio di condutture, fili o qualsiasi altro impianto, nell’immobile di sua proprietà occorrente per soddisfare le richieste di utenza degli inquilini o dei condomini.
I fili, cavi ed ogni altra installazione debbono essere collocati in guisa da non impedire il libero uso della cosa secondo la sua destinazione.
Il proprietario è tenuto a sopportare il passaggio nell’immobile di sua proprietà del personale dell’esercente il servizio che dimostri la necessità di accedervi per l’installazione, riparazione e manutenzione degli impianti di cui sopra. .
Non solo servitù di passaggio, dunque, ma anche di appoggio.